Vedo Sento Parlo

Il valore delle regole e l'esercizio della legalità

Con il progetto Vedo Sento Parlo: il valore delle regole e l’esercizio della legalità ci si è avviati all’incontro in carcere con gli studenti delle scuole del territorio veronese, dopo una per niente facile preparazione. Rapportarsi a dei ragazzi è una formidabile occasione di crescita per tutti. Se da una parte costituisce una possibilità di ‘riscatto’ autentico in chi si racconta e si rapporta, aperto alle domande dei ragazzi, dall’altra è anche un motore di autoconoscenza e di lavoro su di sé ineguagliabile.

Nella giovane età degli studenti si può ritrovare un figlio, un fratello minore, o semplicemente il sé ragazzino che ognuno è stato. Scatta un senso di responsabilità importante, vissuto con profonda emozione, sì che il movimento interiore si propaga per molto tempo, in risonanze sollecitative di attenzione e pensamento. Questi incontri sono molto attesi, e vivificano, accendendo di emozioni positive, così rare nella detenzione, nella riscoperta di un ‘sano timore’, nell’incertezza di come andrà, di come ognuno sarà in grado di trasmettere, di tramutare in conoscenza per altri, alcuni passaggi della propria esistenza.

Per molti mesi, e costantemente, si affinano gli strumenti della comunicazione consapevole, attenta e responsabile, che passa attraverso la potenza significativa delle parole scelte nel raccontarsi, nella costruzione della trama narrativa, nella definizione chiara degli obiettivi dell’incontro, nella postura e nell’atteggiamento; ma anche nella cura dei silenzi, delle attese, tra le domande e le risposte, nel cogliere tra le espressioni dei visi domande inespresse; nel sapersi confrontare anche con il pregiudizio; nell’attenzione a non dare un’immagine romanzata, avventuriera o distorta nelle narrazioni, che sia invece più realistica e disincantata. E, prima di tutto, prima di affacciarsi agli incontri, nel gruppo si fa ‘palestra’ con la stessa metodica dell’artigiano, che affina giorno per giorno il suo saper fare. E’ questa la preparazione del terreno, per rendere accessibile la ‘terra di mezzo’, luogo non solo fisico dell’incontro, perché esso avvenga così come espresso da Vinícius de Moraes: 'La vita, amico, è l’arte dell’incontro'.

I ragazzi in questa esperienza possono cogliere a piene mani lo sviluppo di scelte rischiose che si sono rivelate fallimentari, distruttive, che hanno portato sofferenza a tante persone: non solo a quelle colpite dalle azioni criminali, ma anche ai famigliari dell’autore di reato - senza dimenticare l’autore stesso che, quando consapevole, convive con il peso della propria responsabilità.

I giovani possono ascoltare e interagire con le persone detenute, potranno attivare delle ‘antenne’ del rischio, imparando a riconoscerlo, a non sottovalutarlo. E quando pensiamo al rischio, non è esclusivamente collegato a obiettivi consapevoli; a volte è la scarsa gestione delle emozioni a costituire pericolo: l’orgoglio e la rabbia, ad esempio, sono motori eccezionali di disfatta. Per non dimenticare poi le piccole ‘insignificanti’ abitudini quotidiane, scarsamente rilevate come autodistruttive ma che, con il passar del tempo, deflagrano potentemente.

Ecco, questa terra di mezzo è lo spazio tra ciò che può essere potenzialmente e quello che già si è manifestato. Uno spazio nel divenire, un intrecciarsi fra un prima e un dopo. Qui possiamo superare alcune barriere del pregiudizio.

E incontrarci autenticamente.